Alle due di notte già ci sto pensando!!! Saremo in grado????
Ma si dai, le difficoltà non sono alte, basterà non perdere
la testa e restare calmi, arrampicare come sappiamo fare e divertirci!!!!
All’alba, come spesso accade, ci svegliamo per preparaci e
partire. Appuntamento alle 6 a Belforte, davanti casa di Matteo, per poter iniziare l’avvicinamento
alle 7 circa.
Per quell’ora
infatti siamo all’Hotel Felycita pronti per la nostra avventura.
Il clima in macchina è sereno, come obiettivo ci siamo dati
di salire il primo tiro e capire se siamo pronti o se dobbiamo abbandonare la
via e ritornare più preparati, quindi già abbiamo fatto i conti con la possibilità
di abbandonare e ritirarci. Non sarebbe comunque una sconfitta, arrampichiamo
da un paio d’anni e in ambiente questa è la nostra primissima esperienza da
soli, per me poi è anche la prima volta da prima.
Entrati in Val di Bove, siamo già con gli occhi puntati
sull’ammasso roccioso che abbiamo alla nostra sinistra, qui si erge la Quinta Piccola, con la “nostra” via, la via
aperta da Moretti, Macinini e Perucci; 120m di salita, suddivisa in 5 tiri con difficoltà di III – IV grado
classificata sulle relazioni AD+ con tratti di roccia molto rotta che impedisce un’arrampicata tranquilla
e obbliga l’alpinista ad essere sempre attento a ciò che tocca e alle rocce da appigliare.
L’avvicinamento è di circa un’ora ma la mente è già sulla
cresta a scrutare ogni minimo dettaglio di questa con la speranza che una volta
lì in mezzo i riferimenti presi da fuori possano servire per orientarsi meglio.
Per salire occorrono almeno 3 ore ma noi già sappiamo che non saremo così
veloci, allestire una sosta o mettere una protezione mobile e testarla,
impiegano un sacco di tempo, soprattutto quando è la prima volta che si prova.
Dovremmo non farci prendere dai dubbi, dalle incertezze, le nozioni e la teoria
l’abbiamo imparata e ripetuta, tutto dovrà essere perfetto.
Mentre saliamo ricapitoliamo quando, come e dove allestire
le soste, quali usare a seconda della situazione che troviamo e quali segnali
scambiarci tra di noi per capirci subito.
Per salire bisogna seguire quasi sempre il filo di cresta,
quindi la direzione della via è abbastanza intuibile, le soste sono tutte
attrezzate con almeno un chiodo e comunque sono ben visibili,
non dovremmo aver troppe difficoltà.
Per raggiungere l’attacco della via tagliamo il pendio,
costeggiamo il boschetto ed arriviamo ai piedi della Quinta Piccola percorrendo
un sentiero abbastanza evidente.
Sotto la via ci prepariamo,
indossiamo imbraco, caschetto e tutto il materiale, friends e dadi, nuovi di
zecca che brillano come diamanti, rinvii e cordini per le soste. Siamo carichi,
abbiamo preso con noi troppo materiale, più della metà non verrà neanche
utilizzato, ma le prime volte è difficile regolarsi.
La via inizia su una placca, che si può evitare e aggirare
passando tutto a destra o affrontare, su un dietro con roccia tutta sfasciata o
su una placchetta molto liscia più a destra. Noi decidiamo che il primo a
salire sarà Matteo e lui sceglie la via della placca liscia.
Con un po’ di
difficoltà, a causa dei muscoli freddi
e del cervello ancora non sincronizzato con l’ambiente Matteo trova la linea giusta per salire il
primo tiro, si dirige a destra e poi prosegue dritto, i primi 10 metri sono
proteggibili con fix, poi si arriva in
un tratto di rocce più rotte dove è molto più difficile muoversi e proteggersi.
La prima sosta la facciamo all’attacco vero e proprio della
via, riconoscibile per la targa del CAI in ricordo della prima salita. Ora è il
mio turno, devo andar su da prima, questi erano i patti, avanzare a tiri
alterni. Nonostante mi sia già terrorizzata nel primo tiro, per la condizione
della roccia che veramente frana al nostro passaggio e ti si stacca da sotto le
mani, leggiamo sulle relazioni delle ripetizioni della via che il tiro non è
lungo ed è anche relativamente semplice. Senza protestare né dubitare, prendo
tutto il materiale, protezioni mobili e cordini e parto.
So che devo seguire il filo di cresta, quindi non mi
preoccupo della direzione giusta da mantenere, almeno questo non è un problema,
invece devo star attentissima a non far cadere giù nulla, la roccia è uno
schifo e sotto c’è Matteo che non gradirebbe un sasso in testa. Continuo per
circa 25m e più avanzo più mi preoccupo
di individuare la sosta, andare dritti e non vederla è una delle mie paure più
grandi. Muovendomi molto cautamente per
questi motivi è quasi impossibile non scandagliare l’ambiente davanti ai tuoi
occhi nel modo più dettagliato possibile e quindi risulta anche facile
individuare chiodo e spuntone che so essere la mia metà. Attrezzo la sosta con
il cuore sollevato, ho compiuto la mia parte di dovere, ora devo solo
recuperare Matteo, per lui sarà facile la salita, qui la difficoltà non è
arrampicare, ma restare sereni, immersi in un ambiente così “strano” e
pericolosamente vacillante.
Ad ogni sosta leggiamo la relazione del tiro successivo che
ci indica la giusta direzione e poi Matteo riparte percorrendo un traverso a
destra, e riprendendo poi la salita.
Bisogna scegliere tra due canalini, Matteo
fa la scelta giusta e prende quello più a destra che lo porta a superare il pulpito e a
raggiungere la croce che è anche la sosta di questo tiro. Siamo tornati così
sul filo di cresta, infatti la croce è ben visibile anche da lontano, e si
trova precisamente su un terrazzino lungo la cresta.
Ora tocca di nuovo a me, ma oramai l’ansia è svanita, anzi inizio a prenderci gusto, ho capito che la difficoltà tecnica, il grado tecnico è alla nostra portata e che dobbiamo solo procedere con calma. C’è un chiodo un po’ fuori via, tutto a destra, quasi mi verrebbe voglia di non proteggermi lì perché è parecchio spostato dalla linea di salita che ho immaginato, ma ovviamente ogni buona protezione è da sfruttare e poi se la spittatura mi porta in quella direzione un motivo ci sarà. Mi proteggo con un rinvio al vecchio chiodo e da lì salgo lungo una linea immaginaria abbastanza dritta che però passa su rocce rotte ed è quindi da interpretare molto attentamente. Unica protezione il chiodo alla partenza da intrigare con friends o dadi, mi sembra di aver messo un dado a metà via, e di aver urlato a Matteo di vedere se era posizionato bene, è il mio primo dado e non sono del tutto sicura che possa reggere. Continuo l’ascesa fino ad arrivare su una cengetta sulla quale quasi posso alzarmi in piedi e trovo avanti ai miei occhi ciò che stavo cercando, un masso con una cavo metallico e una maglia rapida dove far la sosta.
Ora tocca di nuovo a me, ma oramai l’ansia è svanita, anzi inizio a prenderci gusto, ho capito che la difficoltà tecnica, il grado tecnico è alla nostra portata e che dobbiamo solo procedere con calma. C’è un chiodo un po’ fuori via, tutto a destra, quasi mi verrebbe voglia di non proteggermi lì perché è parecchio spostato dalla linea di salita che ho immaginato, ma ovviamente ogni buona protezione è da sfruttare e poi se la spittatura mi porta in quella direzione un motivo ci sarà. Mi proteggo con un rinvio al vecchio chiodo e da lì salgo lungo una linea immaginaria abbastanza dritta che però passa su rocce rotte ed è quindi da interpretare molto attentamente. Unica protezione il chiodo alla partenza da intrigare con friends o dadi, mi sembra di aver messo un dado a metà via, e di aver urlato a Matteo di vedere se era posizionato bene, è il mio primo dado e non sono del tutto sicura che possa reggere. Continuo l’ascesa fino ad arrivare su una cengetta sulla quale quasi posso alzarmi in piedi e trovo avanti ai miei occhi ciò che stavo cercando, un masso con una cavo metallico e una maglia rapida dove far la sosta.
Anche questa
volta prima di partire mi sono consultata con Matteo per capire come meglio
allestire la sosta su un cavo metallico. Matteo, molto più attento e preciso di
me già sapeva che c’era una maglia rapida e mi ha detto di cercarla.
Dalla mia
posizione la croce sottostante è ben visibile,
appena sotto, spostata di poco a
sinistra, il tiro non è stato più lungo di 25 metri.
Sappiamo che dobbiamo salire la prima placca di roccia rotta per
circa 15 m e all’attacco del diedro, che si trova subito sopra, cercare due
chiodi per allestire una sosta intermedia e spezzare il tiro che altrimenti
risulterebbe molto lungo, oppure proteggersi e proseguire lungo il diedro.
Matteo sceglie di continuare e saltare la sosta intermedia. Così facendo sa che
dovrà percorrere circa 50 m prima della prossima sosta, e che alla fine la
corda risulterà pesantissima.
Percorso il diedro, lungo 20 metri circa, Matteo si sposta
un po’ a destra per superare un tratto di
roccia abbastanza buona, forse lui è passato un po’ più al centro di
questa placca, perché io nel seguirlo ho
individuato un chiodo da lui non usato più a destra. Dopo questo spostamento
c’è da riprendere la linea di cresta e continuare a salire per altri 25 metri.
La corda oramai è quasi tutta stesa ed è pesantissimo trascinarla ed arrampicare, Matteo non ne è al corrente della posizione esatta della sosta, e appena individua l’ultimo blocco di roccia utile per far sosta l’attrezza. Proprio appoggiata sopra quel sasso, quell’ultimo masso utile, poco visibile c’era l’ultima sosta con fix.
Da qui si prosegue sul sentiero che porta alla croce del
Bove occorrono altri 30 minuti per arrivare ma oramai le gambe non sentono la
stanchezza e la testa ripercorre i momenti della salita.
Ci scambiamo complimenti e approvazioni reciprocamente,
siamo stati in gamba.
Io scenderei tranquillamente anche senza arrivare alla
croce, sono svuotata, ma soddisfattissima, Matteo invece insiste per giungere
fin in vetta. Sarebbe stato veramente un peccato mancare la vetta per una
trentina di metri.
Per scendere si incontra un sentiero che taglia il versante
e torna in Val di Bove, percorriamo quel sentiero sempre con gli occhi rivolti
alla cresta appena percorsa, in silenzio, ognuno rivivendo le proprie emozioni
che so essere simili………….la montagna avvicina gli animi, e certe esperienze si
possono compiere solo con qualcuno con il quale si è legati e uniti
strettamente.
Grazie compagno di cordata, grazie della bella esperienza
vissuta insieme.
Matteo Pallotto - Beatrice Tasso
29-07-2012 Via Moretti,Mainini,Perucci- Quinta Piccola - Croce del Monte Bove Nord
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