Il tempo per Pasqua non è dei migliori, dobbiamo aspettare il lunedì di Pasquetta per riuscire ad organizzare un’escursione in montagna. La mia Honey a casa con il tempaccio esce giusto per far i bisogni e non credo si diverta molto a star sempre sul divano a sonnecchiare. Credo sia molto più felice a vagare per i monti in compagnia dei nostri amici a 2 e 4 zampe.
Però l’attesa è stata ripagata, nelle ultime 24-48 ore sui Sibillini è caduta un po’ di neve ed il paesaggio che troviamo all’arrivo a Macchie, il nostro punto di partenza, è simile ad una cartolina di Natale, un manto di candida neve inviolata ci aspetta e ci invita a salire ed esplorare quel mondo stupendo che sono i Sibillini ancora una volta trasformato dalla presenza della neve in un luogo magico e quasi irreale.
Ci aspetta un’escursione impegnativa, da Macchie dobbiamo risalire fino a Passo Cattivo e da lì scendere in Vallestretta per attaccare la ripida parete Nord della Cima Cannafusto.
Cima Cannafusto è l’ombellico dei Sibillini e ovunque ci si giri si vedono cime innevate.
Essere immersi in un mondo innevato quando già le temperature primaverili si sono fatte sentire ci giunge come un regalo inaspettato ma stupendo, Matteo ad ogni passo ripete che una Pasquetta così bella è una sorpresa meravigliosa. E’ sempre un’emozione particolare calpestare la neve immacolata e saper che si è i primi a violare quel suolo dopo una nevicata, è un miscuglio di sensazioni che ti esplodono in cuore, sembra quasi di star a calpestare un suolo sacro, e ci si appresta a salire con un rispetto per quel luogo che è dato dalla meraviglia dei posti insieme con la consapevolezza che occorrerà sudare e faticare per raggiungere la vetta e ammirare tutto il panorama nel suo splendore. Sarà l’inaspettato color candido che avvolge ogni cosa o il dolce calore del sole che ci accompagna per tutta l’escursione, ma oggi più che altre volte ci soffermiamo come bambini o turisti a fotografarci a vicenda ed a riprendere quei luoghi che ci affascinano.
Essere immersi in un mondo innevato quando già le temperature primaverili si sono fatte sentire ci giunge come un regalo inaspettato ma stupendo, Matteo ad ogni passo ripete che una Pasquetta così bella è una sorpresa meravigliosa. E’ sempre un’emozione particolare calpestare la neve immacolata e saper che si è i primi a violare quel suolo dopo una nevicata, è un miscuglio di sensazioni che ti esplodono in cuore, sembra quasi di star a calpestare un suolo sacro, e ci si appresta a salire con un rispetto per quel luogo che è dato dalla meraviglia dei posti insieme con la consapevolezza che occorrerà sudare e faticare per raggiungere la vetta e ammirare tutto il panorama nel suo splendore. Sarà l’inaspettato color candido che avvolge ogni cosa o il dolce calore del sole che ci accompagna per tutta l’escursione, ma oggi più che altre volte ci soffermiamo come bambini o turisti a fotografarci a vicenda ed a riprendere quei luoghi che ci affascinano.
Con noi oggi c’è anche Paolo un ragazzo conosciuto da poco ma che già consideriamo un compagno di salita. Insieme ci fermiamo a giocare con la geografia e i nomi dei monti che spuntavano in ogni direzione: Il Berro, il Porche, il Monte Rotondo il più a Nord, il Vettore il più a Sud.
Solo alla vista delle lancette del nostro orologio ci rendiamo conto che è tempo di tornare e ridiscendere a Macchie ed il programma prevede di passare per i ripidi pendii di Vallinfante.
Il mio fisico, se pur abituato a camminare senza sosta per ore, iniziava a dar i primi segnali di stanchezza in discesa sui pendii scivolosi, la distanza già percossa non è banale, sono circa 15 km e il dislivello ancora più impegnativo, 1580 m, ma la stanchezza che iniziavo a sentire, e che mai avrei ammesso di avere né a me stessa né tanto meno ai miei compagni per il troppo orgoglio, è scomparsa all’improvviso.
All’inizio del bosco, così, senza nessun motivo apparente Nilak , l’husky di Matteo che sempre ci segue fedelmente ci ha girato le spalle e se ne è andato per conto suo. Honey, la mia piccola meticcia è invece molto meno indipendente e non si allontana dai miei piedi. Immagino quindi che anche Nilak torni presto, vista la reazione di Honey. Se ci fosse stato un animale a catturare l’attenzione di Nialk anche Honey avrebbe reagito. Invece nulla, tutti e due i cani sembrano non notare nulla di particolare, ma Nilak comunque continua ad allontanarsi senza badare a Matteo che subito lo richiama e lo sprona a tornare.
Il nostro più grande errore…….esserci infilati nel bosco e non averlo inseguito subito.
Fiduciosi di trovarlo alla macchina o che ci avrebbe raggiunto a breve infatti abbiamo continuato a scendere, un po’ preoccupati, ma ancora inebriati dalla magnifica giornata che avevamo trascorso sereni e quindi non affatto preparati a reagire prontamente per arginare un potenziale problema.
Io oramai ero provata dalla lunga escursione e anche Honey non voleva più saperne di camminare. Matteo già un po’ allarmato si è subito rabbugliato e da quel momento non l’ho visto più sorridere per giorni. La sua indole in generale lo rende di natura già introverso e, per chi gli vuole star vicino, già ci sono ostacoli concreti a leggere ciò che normalmente ha nel cuore, in questi momenti le uniche sensazione che traspiravano standogli vicino erano……..freddezza, nervosismo, malumore. A volte pessimismo o come sostiene lui realismo e obbiettività.
Comunque si decide in fretta di non allontanarci dal parcheggio e di aspettarlo, ma da li a poco i propositi cambiano e si ritorna sulle nostre idee e ci prepariamo a partire per tornare nel punto dove lo abbiamo lasciato all’inizio del bosco. Iniziamo a far mille congetture e ipotesi, i lupi, i burroni, altri animali che lo hanno distratto e allontanato da noi…...sono questi i fantasmi che ci accompagnano lungo tutta le salita in notturna nel bosco.
Arriviamo su in cima, stanchi quanto non mai, ed incapaci di sentir altro se non la paura di averlo perso e il timore che gli sia accaduto qualcosa di brutto, ma non ci arrendiamo e cominciamo a pensare che deve essere per forza tornato alla macchina, che sarà di sicuro ad aspettarci laggiù. Quindi ridiscendiamo quel bosco.
Non ricordo molto altro di quel viaggio nel buio, se non la paura di andar in contro allo stesso pericolo nel quale ipoteticamente era incappato Nilak, la preoccupazione per lui e quella nel vedere Matteo trasformato in una maschera inespressiva che non emana più nulla se non freddezza.
Fortuna che giunti alla macchina vi abbiamo trovato Daniele, il fratello di Matteo che ci ha raggiunto e un po’ ragionando con lui e discutendo ci ha incoraggiato a sperar e a pensare positivo.
Nilak è un husky oramai diventato adulto, ha infatti ascoltato il richiamo della natura e ora starà vagando tranquillo, lo ritroveremo sicuramente l’indomani, ora non ci resta che riposarci un pò.
Si decide così che Matteo e Daniele si fermeranno a dormire al parcheggio, Nilak deve trovarci e deve sapere che lo abbiamo aspettato. L’imperativo per Matteo quella sera è non muoversi dal parcheggio perché Nilak potrebbe tornare. Io però purtroppo devo andar a lavorare la mattina seguente quindi a notte inoltrata mi avvio a tornare a casa. A lavoro il giorno seguente riesco a pensare solo al mio ritorno in montagna e alle 14 già sono di nuovo sulla strada per Macchie. Porto con me volantini e foto di Nilak e arrivata al parcheggio trovo Matteo e Daniele ad aspettarmi, subito cerco di infondere loro un po’ di sollievo dato dalla speranza che tappezzando la zona con l’immagine di Nilak forse lo aiuteremo a trovarci. O forse è solo un modo per non mollare, o per non smettere di sperare, per agire, per sentirsi utili a qualcosa e continuare a lottare per non abbandonare Nialk al suo destino.
In macchina quel pomeriggio con Matteo abbiamo fatto mille soste e mille ricerche, ma di Nilak nessuna traccia, da Castelluccio con il binocolo abbiamo cercato in ogni valle con la volontà e il desiderio di vederlo spuntare di corsa con la lingua penzoloni e gli occhini azzurri allegri e vivaci.. Ma inutile nessuno ci è venuto in contro e ci siamo trovati da soli a girovagare con la machina ancora più desolati e stanchi.
Il mercoledì io purtroppo ho impegni a casa e a lavoro e quindi lascio Matteo in compagnia del padre a continuare questa ricerca snervante.
E anche se lui ancora non lo sa, quel mercoledì ha ritrovato il suo cane.
Si perché il volantino appeso a Ussita in quella giornata è stato poi usato per ricavare il suo numero dalla Sig.ra Eleonora di Casali che si è imbattuta un husky affamato sceso dai monti.
Ma prima di giungere a questo lieto momento c’è ancora una giornata infernale, di attese e paure, quella di giovedì. Il giovedì anche Matteo è dovuto tornare a lavoro, in condizioni pessime, ovviamente ma è dovuto scendere dai monti e lasciare lì il suo Nilak. Credo che strappargli un arto gli avrebbe provocato minor dolore, si toccava come reale la malinconia e la rabbia che cresceva nel suo cuore ed io non potevo aiutarlo in altro modo. Che momenti terribili!! Io cercavo di esser ottimista, speravo ancora di ritrovarlo, ed ero convinta che il lavoro che stavamo facendo era l’unico modo che avevamo per trovarlo, che non dovevamo arrenderci, che dovevamo continuare a tornare in montagna ogni momento libero e dovevamo continuare a spargere la voce in giro il più possibile. Infatti di giovedì sera alle 21 quando tutti si apprestano a terminare una lunga giornata con un giusto riposo noi abbiamo preso frontali e scarponi da montagna e siamo tornati con Honey in quel maledettissimo bosco. Quella sera, la seconda volta che ci infilavamo in quel bosco in notturna il mio terrore non era mutato, non avevo più paura di andare incontro allo stesso pericolo che aveva impedito a Nilak di fare ritorno ma ero terrorizzata di trovare Nilak a terra, di vederlo io e dover scegliere di lasciarlo lì e risparmiare quel brutto spettacolo a Matteo o mostrargli la fine del suo compagno a 4 zampe. Camminavo con il terrore che la nostra ricerca poteva giungere a questa conclusione cosi orrenda, perché in un bosco, di notte, con tutta la stanchezza accumulata in quei giorni, la testa parte e fa mille ragionamenti assurdi. Per non pensarci, la cosa più saggia che mi è venuta da fare è stata impedirmi di ragionare e seguire alla cieca Honey che sembrava impazzita e andava a destra e a sinistra, come se seguisse una traccia, come se avesse capito che dovevamo cercare il suo amico. Abbiamo letteralmente corso dietro alla piccola compagna di giochi di Nilak per una notte intera senza arrivare a capo di nulla e anche questa volta la decisione di tornare alla macchina è stata dettata solo dalla speranza di trovare Nialk al parcheggio ad aspettarci.
Il venerdì mattina svegliata , con 2 ore di sonno e dopo una doccia mi sono subito sentita pronta e piena di forze, non avrei permesso che Matteo perdesse la speranza di trovare Nilak e avrei continuato ad andare in montagna con lui, a cercarlo per tutto il tempo che sarebbe occorso, a incoraggiarlo a non perdersi di morale. La volontà è più forte di ogni altra cosa, di questo ne ero convinta e ne sono ora sicura. Infatti venerdì pomeriggio il mio telefono ha squillato, come tante volte e a tutto pensavo tranne che potesse essere Matteo, che mi diceva che stava andando a prendere Nilak.
Una signora a Casali aveva trovato il nostro amico, un po’ affamato ma in ottime condizioni, la signora Eleonora non aveva tardato a capire che si trattava del cane le cui foto tappezzavano l’intera zona montana.
Non posso immaginare la gioia e l’emozione che deve aver provato Matteo ad arrivare a Casali e a riabbracciare il suo cane, non posso immaginare come si è sentito in quel momento, ma so che era così che doveva finire.
L’impegno e la determinazione che ci abbiamo messo a cercarlo dovevano essere ripagati.
Io in quel momento, dopo la telefonata di Matteo mi sarei fermata e avrei tanto voluto mettermi a piangere. Finalmente potevo mollare, potevo fermarmi e abbandonare ogni speranza, finalmente potevamo lasciarci andare, abbracciarlo, piangere di felicità e lavar via tutta la rabbia , la preoccupazione e il senso di colpa che avevamo. Ora potevo arrendermi. Lo avevamo trovato.
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